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Un model shooting in studio (Panoramiche #10)

Premessa

In piena funzione, come è, la mia attività di ritrattista con vari incontri, avventure, contrattempi, la mia mente attualmente è un turbine trottolante. Avevo inizialmente grandi progetti in mente, ma di lunga e complicata esecuzione.

Al fine di portarvi in tempi più brevi possibile una nuova panoramica, ho dato un taglio a quanto prima ipotizzato. Quello che, quindi, posso proporvi è la narrazione a stralci dell’ultimo shooting che ho fatto – domenica scorsa – in uno studio fotografico sito in un paese qua vicino, con gli strobi[1], fondali, modelle professioniste e dei fotografi con cui ho scattato.

Questo, nelle mie speranze, dovrebbe offrire una sintetica suggestione sul mondo della Fotografia di Ritratto, in cui mi trovo a far pratica.

I contatti con la modella

Joanna Kosinska on unsplash.com

Avevo contattato Sofia (@spicyroller_sg) già durante lo scorso maggembre[2]. L’idea che le avevo proposto – dopo aver visionato il suo profilo Instagram – era di scattare al Parco di Monza, in Luce Naturale, ritratto stretto e figura intera in contesto floreale. Eravamo rimasti per aggiornarci verso metà di giugno.

Benissimo, inizio a scattare con altre ragazze, sino al giorno convenuto del contatto. Contrariamente ad altre persone con cui avrei dovuto scattare, Sofia ha risposto prontamente, mi ha proposto però un cambio di programma: non più scatti in ambiente naturale, ma in uno studio non lontano da casa mia, con un’altra modella e in un model sharing, a un costo un po’ più basso di quello convenuto inizialmente.

“Ma potrò gestire le luci e il set?” le chiedo “Altrimenti, se l’occasione è un model sharing, non lo so quanto mi possa servire al fine del mio Portfolio, e non ho soldi da buttare” E lei mi ha rinviato a parlarne con il titolare dello studio che organizza l’evento, Alessio (@alessio_mapelli). Il quale mi riconforta, dopo che ho a lui spiegato cosa cercavo di realizzare e perché. Questo a patto che fossi riuscito a convincere gli altri partecipanti l’evento.

Alla fin fine il luogo era vicino casa, il costo un po’ minore, avere anche scatti realizzati in studio con luce artificiale per il mio Portfolio possono essere un plus, e al limite a me sarebbe bastata anche una sola la prima ora con Sofia (con la quale ci accordiamo anche per l’outfit nel frattempo) e il resto dello shooting, così, anche tanto per. L’importante è portare a casa degli scatti all’altezza.

Fu così che accettai.

Il giorno dello shooting – tre magliette nere all’ingresso dello studio

Clem Onojeghuo on unsplash.com

Una domenica di questo mese. Luminosa e calda, ma non troppo, arrivo allo studio, maglietta nera e borsa fotografica carica. Lì davanti incontro un’altra maglietta nera e zaino fotografico: un compagno di corso, che aveva già suonato al campanello, così arrivo giusto giusto in tempo per vedere aprire il titolare dello studio, anche lui in maglietta nera.

Che volete farci, in studio è prassi vestire così. Nei progetti complessi, con una numerosa crew di diverse figure professionali, questo almeno aiuta a riconoscere chi è il “commander in chief” – o almeno penso che questo sia il motivo.

Entriamo in uno studio vuoto di persone.

Siamo solo noi a scattare? Chiedo.

, mi risponde Alessio.

Mi sento riconfortato. I partecipanti sono due, e anche le modelle sono due, non ci saremmo intralciati.

Alessio: Venite, vi faccio vedere gli ambienti, l’attrezzatura.

E io, poco dopo: Uh? E queste belle finestrone qua? Hai mai pensato di utilizzato di usarle?

No, veramente no. Ecco qua, questi sono i flash, lo sfondo qui è nero, lì è color nero.

‘Peccato per la finestra’, penso dentro di me ‘comunque vedrò di farci qualcosa’.

Quattro chiacchere fra tre fotografi creativi.

1. Ero a questo modelsharing di nudo con modella super. Mi presento ai fotografi organizzatori e chiedo di scattare per primo e di gestire posa e luci come dico io. I due si incuriosiscono e mi lasciano fare. Io dirigo la modella che si aspetta il solito MdF[3], ma le faccio subito cambiare idea indicandole come posa questo e quest’altro. Faccio mettere due luci strip in alto e di lato, così le illumino il profilo solo ai lati. Quando ottengo lo scatto che voglio, chiudo tutto e me ne vado. I due fotografi mi fermano e mi chiedono il contatto.

2. L’altro giorno ho dato un’occhiata alla nuova ML di Canon. Non so cosa pensarci, ma gli adattatori sono fighi. Ne hanno uno in cui è possibile inserire un filtro. Certo, non è un formato standard e quindi deve essere per forza Canon. Gli ho chiesto quello più economico che avevano. “Per farci cosa?” mi chiedono. “Perché lo voglio rompere” rispondo. “Ma perché lo vuole rompere?” “Eeeeh, sono fatti miei…”

3. S’è per questo io ho un fungo che sta crescendo nel mio 135mm. Quando l’ho scoperto ho temuto di dover buttare l’obiettivo, ma poi ho imparato a sfruttarlo e me lo sono tenuto. Oplà: vi presento il mio fungo. Dico, mostrando uno scatto particolare dal suo account Instagram.

2. Quindi lo stai sfruttando creativamente! Bene! Beh, siamo fatti così: rompiamo filtri…

3. E coltiviamo funghi negli obiettivi.

La fase dello shooting, con Sofia e Jelly

Kevin Jesus Horacio on unsplash.com

All’inizio:

Io. Vediamo se funziona il trigger? Ho avuto problemi in passato con flash tempo fa.

Monto, controllo, va.

Davanti al primo set con strobi. Comincio a fare i primi scatti.

‘Mazza come sono piatte ste foto!’ Mi dico controllando i primi scatti dallo schermo posteriore della mia K3ii. Aspè, com’è che si cambia la potenza dei flash?

Mi viene spiegato. Do una differenza di alcuni stop fra i due strobi posizionati in uno schema a farfalla.

‘Ah, adesso cominciamo a ragionare’.

In medias res:

‘Senti va, spegnamone uno e uso solo l’altro’.

Sì, cara, proviamo questa posa e io… vediamo, uh cos’è quella, una scala?

Eh, sì. Mi conferma Alessio, sempre presente ad aiutare quando c’è bisogno.

Fico, voglio provarla!

Rivolto alla modella: Allora dov’eravamo rimast… ooops, vediamo di non cascare di testa da questo trabiccolo.

Bella così, ora su il mento e guarda in distanza.

Alla fine dello shooting:

Davanti a uno dei finestroni con vetro zigrinato e rivolto alla modella:

Ora proviamo a usare la Luce Naturale, userò questo vecchio Konica 40 1.8, che a tutta apertura fa effetto Soft Focus, la qual cosa complica la messa a fuoco, ma il risultato… uh!

Così, stupenda! Guarda verso la luce. La spalla tienila rilassata, giù. Potresti abbassare la spallina?

Ancora un poco… ancora un poco… ecco, fatta!

Avvicinandomi a lei tenendo la macchina fotografica con lo schermo rivolto alla modella.

Visto che bell’effetto? Non sembra male, vero?

Conclusioni

Ed ecco quanto. Oltre all’esperienza di questo particolare shooting, al divertimento e al piacere che ho provato usando spazi e attrezzature come un grande centro di ricerche d’immagini personale, esperienza che sicuramente non posso non definire come positiva[4], vale qui la mia idea per cui: almeno nel settore del Ritratto (nelle sue varie fattispecie preso), il fattore tecnico, la spinta verso l’assoluta qualità d’immagine, viene dopo l’inventiva e la ricerca di un proprio stile, unico, di scatto. E miglia su miglia dopo la capacità di raccontare storie per immagini.

Vedete, potete sicuramente trovare, essendo questa anche mia esperienza personale, quell’annuncio di lavoro da studio fotografico, che richiede come precondizione di accettazione al colloquio di lavoro, il possesso di un qualche costoso corpo macchina Full Frame, con ottiche e altra attrezzatura.

Non mancano, anzi, abbondano le torme di amatori ed entusiasti della Fotografia che non faranno altro che blaterare di Gamma Dinamica, Profondità di Campo, Assenza di Rumore agli Alti Iso, e altre tecnicalità.

Qui no,

qui si possono disegnare solo i profili delle modelle con un paio di luci, si possono usare filtri in vario modo rovinati, o anche “coltivare funghi” in un obiettivo (e usare quelli degli anni ’50, ’60, ’70, mettendo a fuoco in manuale, e usare attrezzi da cucina, e tutto quello che la mente umana può inventarsi), per creare storie dal look diverso dal solito, emozionanti, riconoscibili.

Hic sunt creatores.





Ad Majora!






















[1] Flash da studio, mediamente più grandi e potenti di quelli detti “a slitta” e di più comune uso.

[2] Dicasi con questo neologismo, quello strano mese di freddo e pioggia continua.

[3] Abbreviazione universalmente nota per “Morti di Figa”, quel sostanzioso numero di fotografi, cioè, che presenziano ai modelsharing con l’unico intento di ammirare da vicino il corpo della modella.

[4] E di cui avrò modo di parlare più approfonditamente quando verrà il momento di mostrare la selezione, editata, degli scatti realizzati quel giorno a Sofia (@spicyroller_sg) e a Jelly (@jelly_suicide_).