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Sugli obiettivi fotografici 0 (Panoramiche #12)

Premessa

Comincio, in questa dodicesima edizione delle mie panoramiche, a parlare di un importante elemento del corredo fotografico di qualsiasi fotografo: gli obiettivi.

Jupiter 9 BW: ph: Francesco Coppola

Molti possono arrivare a immaginare quanto essi siano importanti. In combinazione col corpo macchina, questi attrezzi sono responsabili di buona parte della qualità d’immagine che verrà registrata nei file prodotti dalla macchina fotografica. Di obiettivi fotografici, oltretutto, se ne producono dal XIX secolo, periodo in cui iniziava l’epica ascesa della Fotografia con i dagherrotipi all’inizio, le esposizioni molto lunghe, le pose infinite e la contesa con la Pittura.

Alla Storia della produzione di obiettivi fotografici mi dedicherò in un successivo post, ora, a discorso appena aperto è bene che cominci più in generale a introdurre l’argomento e a chiarire qualcosa.

Cominciando da questo: quali sono le caratteristiche che rendono migliore un obiettivo rispetto a un altro?

I componenti della Resa d’Immagine di un obiettivo fotografico

A bunch of my lenses BW; ph: Francesco Coppola

Ciò che definisce classicamente le qualità degli obiettivi, di qualsiasi uso, lunghezza focale, zoom oppure ottica fissa, sono: la Nitidezza[1], composta a sua volta da elementi misurabili come Risolvenza, l’Acutanza e il Contrasto; la Resa dei Colori[2]; La Resa dello Sfocato[3]; il Microcontrasto[4] e la Tridimensionalità dei soggetti fotografati[5].

In era più recente sono arrivate altre qualità da tenere in conto e che una volta non esistevano: l’autofocus, per cominciare. La stabilizzazione degli obiettivi è un’altra novità, ma ancora più di recente sono venuti a disposizione dei fotografi anche i sensori stabilizzati. Inoltre, può essere un attributo fondamentale la resistenza a pioggia e polveri[6].

Poi ci sono i difetti degli obiettivi, più o meno presenti e risolvibili nei programmi di post produzione, ma anche eventualmente sfruttabili nella Fotografia creativa, quali: la Distorsione degli obiettivi[7], l’ammontare della vignettatura, Aberrazioni Cromatiche[8], Diffrazione[9] e Aloni su parti o intera immagine (Ghosting).

Vecchia filosofia progettuale degli obiettivi contro la nuova e computerizzata

Old Optics by Alasdair Elmes on unsplash.com

Se si parlasse con il solito entusiasta, fan di brand di maggior grido, oggi cosa rende un obiettivo migliore di un altro, sicuramente affermerebbe che la Nitidezza è la più importante, da avere non solo al centro ma anche ai bordi, e sin da tutta apertura – possibilmente. Questo unito all’assenza, possibile o comunque auspicabile, di ogni difetto di distorsioni, diffrazioni o altro.

Persone più avvedute e più professionali, magari, risponderebbero che il giudizio su ogni obiettivo dipende dall’utilizzo che se ne deve fare. Una cosa, infatti, è misurare le qualità di un’ottica se si deve riprodurre in immagine una realtà[10], altra cosa se si deve rendere in immagine un’idea, uno stato d’animo o un sogno[11].

Da questo punto di vista, quindi, bene: se devo scegliere un obiettivo utile a riprendere i giocatori di una squadra di basket che gioca una partita in un palazzetto dello sport in notturna, mi orienterò possibilmente per un buono zoom, un 70-200mm, di cui è mio interesse che sia risolvente (o “affilato”) e abbia un autofocus efficiente (perché la paga del servizio dipende dal numero di scatti in focus che porto a casa e consegno) e che sia sufficientemente luminoso – che abbia quindi un diaframma massimo abbastanza aperto (o “veloce”), almeno f 2.8 se scatto con una macchina a Pieno Formato.

In compiti come quello, probabilmente, sì, mi affiderei alle sirene della “Moderna Ingegneria degli Obiettivi”. Pazienza se il risultato finale sarà mediamente “piatto”.

Se il mio compito è invece quello di ritrarre una o più modelle, che vestono un dato capo d’abito di un marchio, il cui direttore artistico mi richiede di esprimere in immagini la “voce” (il Look and Feel) del brand, beh, a parte l’ovvia difformità di richieste che possono arrivare da clienti diversi e di diverso settore merceologico, ma è probabile che se la richiesta è “naturalezza”, “sogno”, “romanticismo” (tanto per fare un’ipotesi all’impronta) scattare in Luce Naturale con qualche vecchia lente vintage, con focus manuale, che però mi permette di esibire uno sfocato di altri tempi, e un soggetto che sembra uscire fuori dallo schermo e ancora di più dall’immagine stampata, beh, diviene altamente preferibile.

Certo è, che oggigiorno non si producono obiettivi fotografici come si faceva una volta e questo comporta vantaggi e svantaggi per ambo le scelte.

A causa dell’introduzione dei computer nella progettazione delle ottiche e del desiderio di accontentare un pubblico generalista che tende a vedere i difetti in modo unidimensionale, si è andati verso una progressiva eliminazione dei vari difetti dell’immagine, questo con l’aggiunta di vetri speciali, di un design più complesso comportante maggiori complessità degli schemi ottici, maggiori dimensioni e peso degli obiettivi. Per non parlare dei costi di produzione e del prezzo finale. Non solo, però, questo sforzo progettuale ha aumentato la Nitidezza in tutto il frame ed attenuato – se non del tutto eliminato – problemi di distorsioni, vignettatura e color-fringing, il punto è che così gli obiettivi perdono in tridimensionalità, resa dei colori e personalità.

Se apparentemente l’attuale filosofia costruttiva degli obiettivi predilige la complessità, ai tempi della Fotografia Analogica, la direzione costruttiva per gli obiettivi preferiva la semplicità. Si riteneva, non senza ragioni, che più lenti si aggiungono a uno schema ottico, più problemi da risolvere questo comporta e ciò perché sempre, anche oggi, la costruzione di obiettivi è sempre un compromesso fra pregi e problemi che le varie possibili soluzioni tecniche offrono.

Sleeping Feline Beauty; ph: Francesco Coppola

Fra le vecchie lenti, infatti, ve ne sono alcune che con tutti i loro difetti possibili, possono dare un caratteristico look, e ricordare un’intera epoca di produzione fotografica, o avere effetti per riprodurre i quali, sulle nuove, pesantissime, costose, lenti moderne alcuni fotografi professionisti sono obbligati a mettere davanti vari filtri, più o meno autoprodotti o acquistati, per andare alla ricerca di quelle caratteristiche che un obiettivo vintage da, magari, 40 euro[12] darebbe loro naturalmente e senza alcun intervento di filtro in fase di scatto, o in post produzione.

Attenzione quindi, a scartare a priori i vecchi obiettivi vintage. Attenzione a farvi sedurre dalle avveniristiche proprietà degli obiettivi più recenti. Potreste scoprire che avreste fatto meglio a spendere meno di 100 euro in una vecchia ottica degli anni ’60 o ‘70, mantenere viva la vostra capacità di focheggiare in manuale, ottenendo così risultati migliori e più in fretta che sborsando 1500 euro su quel 50mm f.1,4 di quel brand là, o di quell’altro.

Se alla fine della vostra elaborazione delle foto a pc, voglio dire, finite per aggiungere un poco di vignettatura, l’assenza totale di questa dubbio “difetto” nel vostro modernissimo 35mm f 1,4 a tutta apertura – perché riconoscete, almeno a livello subliminale che la vignettatura aiuta a rendere il soggetto più tridimensionale – non converrà forse prendere un adattatore e un vecchio Voigtlander prodotto negli anni 50?

Naturalmente, per il qui scrivente, fate bene a utilizzare quello che volete come obiettivi, anche roba con una ‘Art’ scritta sull’obiettivo, o i più recenti gioiellini di casa Canon, Nikon, Sony, Fuji, eccetera.

Io, da ritrattista che spera di entrare nel mondo della Fotografia di Moda, mi tengo stretto i miei Konica, Jupiter, Tessar, Minolta o Super Takumar.

Tessar Jena in action; ph Francesco Coppola

E questo è quanto per questa prima e introduttiva trattazione sugli obiettivi fotografici, vi rimando alla prossima settimana per un primo approfondimento sull’argomento.

A presto e

Ad Majora!












































































































































[1] Si tratta di un fattore che non comprende solo elementi misurabili, ma anche apparenti e psicologici. Fra quelli misurabili la Risolvenza è la presenza, riscontrabile a occhio nudo, di dettagli molto fini e vicini tra loro; l’Acutanza è l’indice della rapidità con cui avviene la variazione di densità tra un elemento e l'altro dell'immagine, mentre il Contrasto, indica il grado di differenza di questa densità nelle zone di acutanza simile.

[2] In inglese (lingua dominante in questo mondo) detta “Color Rendition”. Quindi non sono solo i sensori dei corpi macchina a dare una certa resa dei colori, ma anche gli obiettivi con cui si scatta.

[3] Spesso indicato con la parola giapponese “Bokeh” ed erroneamente intesa unicamente come i punti di luce resi più o meno come grosse sfere o più allungate come occhi di gatto, quando appunto sta per l’intera area non a fuoco del frame.

[4] Al contrario del Contrasto, che riguarda la differenza fra zone in luce e zone in ombra nell’intera immagine, questo attributo riguarda il contrasto percepibile nei dettagli fini.

[5] Detto in inglese anche “3d Pop”, ed è stato il santo Graal della Fotografia sia dai suoi esordi, per l’ovvio motivo che si fotografano certamente soggetti tridimensionali che però vengono impressi su un supporto bidimensionale (il lato sensibile di una pellicola, o l’insieme di elettrodi che coprono un sensore). Ora andato quasi perduto con la moderna ingegneria computerizzata delle ottiche, viene reso da un mix fra aree a fuoco e zone sfocate, il contrasto vi entra oltre alla direzionalità della Luce.

[6] Viene detta, sulle lenti, WR o Weather Resistance e, appunto, non riguarda solo la resistenza a spruzzi d’acqua o a pioggia anche intensa, ma anche la resistenza alle polveri. Ovviamente WR non equivale a “subacqueo”. Immergere in acqua un corpo macchina – per quanto Weather Resistant – e la sua lente WR non è mai una buona idea.

[7] Le distorsioni prospettiche più conosciute sono quelle “a barilotto”, tipica degli obiettivi grandangolari, e quella “a cuscino”, tipica dei teleobiettivi.

[8] Come quegli aloni colorati di verde e di viola ai bordi di aree ad alto contrasto e vengono chiamate, nello specifico Color Fringing.

[9] Questo elemento è una caratteristica presente in ogni obiettivo e si manifesta come una morbidezza dell’immagine (perdita di contrasto, micro contrasto e nitidezza in generale) che sopravviene ai diaframmi più chiusi. Un elemento, fra l’altro, più riscontrabile negli obiettivi montati su macchine dal sensore più piccolo del Pieno Formato.

[10] Come per esempio: una partita di sport, un edificio nel suo esterno o interno, il Paesaggio e varia vita che lo abita, i prodotti commerciali da riprodurre il più possibile fedelmente.

[11] un’astrazione dalla realtà da riprodurre in grande formato per un’esposizione di Fine Art, ogni elemento del paesaggio urbano o naturale che si vuole rendere con una nota personale, artistica; il ritratto ovviamente, e il nudo, che non sono ovviamente la mera trasposizione delle qualità estetiche del soggetto, ma il soggetto e quello che indossa o meno, sono i veicoli del messaggio emotivo da trasmettere in immagine.

[12] A cui aggiungere meno di venti di adattatore e quasi altrettanto di eventuali spese di spedizione.