Del successo delle Mirrorless fra marketing e realtà (Panoramiche #6)

Introduzione

In questa primavera 2019 siamo da poco passati dal lancio dei primi corpi macchina mirrorless full frame per i classici marchi Canon e Nikon i quali si vanno ad aggiungere a Fuji, Sony, Panasonic e anche Olympus che già producono da tempo unicamente mirrorless di vario formato. Questa mossa dei due marchi più noti di materiale fotografico segue il successo nel mercato fotografico più consumer e prosumer dei sistemi mirrorless, tanto che non mancano oramai i recensori sul web che le consigliano a scapito delle Reflex, definite “vecchie”.

A sentire parlare costoro, saremmo a breve distanza di tempo dalla fine della produzione delle Reflex, dal che ne fanno seguire il corollario per cui: se investi soldi e tempo in un sistema di corpo macchina, obiettivi e accessori, meglio farlo in un sistema che produce la migliore innovazione tecnologica, promettendo così di durare nel tempo.

A mio modesto avviso, di persona costituzionalmente ostile al marketing: queste sono balle, ma è tempo ora di andare chiarire di cosa si parla nel concreto.

Ciro-Flex Type E, fronte - photo by Francesco Coppola

Ciro-Flex Type E, fronte - photo by Francesco Coppola

Cos’è una Mirrorless e in cosa si differenzia da una Reflex?

Dai primi dagherrotipi alla Fotografia digitale odierna l’evoluzione dei corpi macchina ha seguito due binari principali, quali il tipo di supporto che registra l’immagine e il metodo di messa a fuoco, elementi che solitamente hanno determinato anche la forma stessa delle macchine fotografiche e la loro maggiore o minore velocità d’uso.

Le mirrorless si pongono in questo percorso quali ultima evoluzione del metodo di messa a fuoco, avendo tolto il sistema di specchi che nelle Reflex portavano l’immagine – per come inquadrata dall’obbiettivo – al mirino del fotografo. Inoltre, le mirrorless hanno il sistema di messa a fuoco direttamente sul sensore al posto di un motore separato come nelle Reflex, elemento per il quale le reflex hanno mantenuto, sino a circa un paio di anni fa, una superiorità nell’efficacia di questa caratteristica. Con la maturazione tecnologica avvenuta nelle mirrorless però, ora il vantaggio è di queste ultime, con punti di messa a fuoco distribuiti sull’intera superficie dell’inquadratura e con un rateo di scatto che può arrivare sino ai 30 scatti al secondo. Per loro natura costruttiva, in effetti le Reflex tendono ad avere i punti di messa a fuoco concentrati al centro, e neanche la più veloce di queste riesce a toccare i 20 scatti al secondo.

Inoltre, le mirrorless usano spesso un mirino elettronico, molto apprezzato in quanto nei modelli migliori questo mirino riesce ad anticipare – prima dello scatto – quale esposizione avrà la foto, anche in condizione di luce estrema, cosa che i mirini ottici delle macchine Reflex non fanno. Mirino elettronico significa però macchina fotografica condannata a consumare sempre e comunque più di una reflex e questo in alcuni ambiti professionali non è esattamente un pregio.

Originariamente, poi, debuttando con corpi macchina dai sensori micro 4/3 e apsc (più piccoli del Pieno Formato, Full Frame che si voglia dire, sino a 2 volte) i sistemi mirrorless promettevano di essere più piccoli, leggeri ed economici. L’equazione che si faceva allora era: venendo meno il sistema a specchi, i corpi macchina risparmiano in peso e spazio, si possono costruire quindi macchine fotografiche più piccole e anche gli obiettivi possono parimenti occupare meno spazio, quindi (relata fero) costare di meno.

Il guaio di quelle promesse è che non tenevano in conto dell’altro fattore determinante per l’evoluzione fotografica: il supporto di registrazione immagine, che nel mondo digitale è il sensore.

Fintanto, quindi, che i sistemi mirrorless hanno adottato sensori di misure più piccole del Pieno Formato, quelle promesse potevano anche mantenersi. Però,

1. Uno dei mutamenti nel mondo degli obiettivi che è invalso contemporaneamente alla crescente fama delle mirrorless, è la costruzione di obiettivi sempre più complessi, grandi e pesanti, soprattutto a partire dalla Global Vision di Sigma, la cui serie “Art” ha trascinato la produzione degli obiettivi verso l’elefantiasi. Montare un obiettivo “Art” su una macchina Micro 4/3 implicava mandare al pascolo la praticità d’uso, l’ergonomia e il risparmio in peso.

2. I sensori micro 4/3 e apsc, purtroppo, non hanno le medesime caratteristiche di tridimensionalità d’immagine, resistenza agli alti ISO e stacco del soggetto, di quelli al Pieno Formato (a meno di non spendere altri – non pochi – soldi per acquistare particolari adattatori che comunque comportavano aumento di peso e dimensioni). Inoltre, la quantità di Megapixel, la quale determina la quantità di dettaglio presente nell’immagine, in un sensore piccolo è limitata (solo per un particolare sensore Samsung si è arrivati ai 28, mentre su Full Frame si è arrivati anche a 50).

3. Tutte queste previsioni iniziali presumevano il fatto che i produttori di Reflex se ne stessero fermi a subire l’assalto delle mirrorless, senza inventarsi qualcosa di nuovo. Quando, infatti, la Canon ha lanciato nel 2014 la EOS 100D (Sl1), questa piccoletta pesava e misurava anche meno di molte sue concorrenti mirrorless. Quando Pentax ha presentato la sua K70 nel 2016, ha consegnato al mercato consumer un corpo macchina abbastanza economico, ma della medesima robustezza e resistenza alle intemperie delle sue precedenti sorelle dello stesso marchio, e con un fattore di peso e dimensione paragonabili, per esempio, a una Panasonic GH5 – che è pur sempre una mirrorless con un sensore ancora più piccolo della Pentax.

Sempre per rimanere sul brand che conosco di più perché lo uso, cioè Pentax, caratteristiche che ora sembrano irrinunciabili e “da mirrorless”, ma che qui si usano dal 2013 almeno è il sensore stabilizzato, nonché la capacità di focus peacking (il sottolineare le aree di messa a fuoco con delle linee per indicare cosa è a fuoco). Per non parlare del doppio slot per le schede di memoria su corpi macchina non Full Frame. Pentax ha anche brevettato un nuovo modello di mirino ibrido: ottico ed elettronico, il quale potrebbe elidere quel vantaggio che ora si riconosce alle Mirrorless.

4. Gli obiettivi delle Mirrorless hanno sovente prezzi inguardabili, più alti comunque degli equivalenti per reflex. Basti guardare il listino prezzi della serie G Master della Sony, oppure i nuovi obiettivi per attacco RF di Canon, fanno paura!

Allo stato attuale, quindi, ora che i marchi che hanno cavalcato sin dall’inizio le mirrorless hanno pensato bene di offrire al pubblico corpi macchina più robusti e con migliore qualità d’immagine, ecco che le nuove mirrorless top di gamme diventano pesanti e ingombranti quanto le reflex.

Tutto ciò mi porta a pensare che piuttosto che predire la fine della produzione di corpi macchina Reflex, il settore high end dell’attrezzatura fotografica sarà sì magari popolato da prodotti mirrorless, ma coesisteranno per molti altri anni ancora dalle reflex che a quel punto diverranno l’offerta più economica (come già ora, in diversi casi, è).

Quindi, vuoi perché vi sono vecchi marchi che si sono di recente buttati a produrre corpi macchina mirrorless, vuoi perché i vecchi marchi produttori di mirrorless hanno cominciato a produrre corpi macchina di dimensioni e formato immagine più grandi, Full Frame e Medio Formato, c’è tutto un battage pubblicitario, attualmente, che giura e spergiura che la giusta scelta per il professionista sia investire in questo tipo di tecnologia. Principalmente perché sarebbero il settore della produzione di attrezzatura fotografica che mostra l’avanzamento tecnologico più intenso.

Claudio Büttler on unsplash.com

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Come e quando si può parlare di un corpo macchina “professionale”

Una via generalista di definire un corpo macchina “professionale” è che esso non metta ostacoli al raggiungimento degli obiettivo del Fotografo (se fa Fotografia sportiva uno scarso sistema Autofocus o mancanza di teleobiettivi, sarebbe un ostacolo – per esempio), gli garantisca la durata dell’attrezzatura (che sia abbastanza robusta), che garantisca il suo lavoro (con la ridondanza dei dati ottenuta attraverso il doppio slot di memoria), tutto ciò insieme alla qualità d’immagine che è dovuta non solo al corpo macchina ma anche al parco lenti acquistabile.

Se volessimo approfondire, per onestà dovremmo dire che a un Fotografo di architettura e arredo interni, dell’autofocus efficiente e dell’alto rateo di scatto, non gliene potrebbe fregare minimamente. Lo stesso dicasi per il Fotografo commerciale che fa Product Photografy (alla quale si può associare anche la più recente Food Photography). Dimensioni e leggerezza delle attrezzature non sono poi un metro oggettivo e universale per valutare la qualità di un corpo macchina. I paesaggisti potrebbero avvalersene – per viaggiare più leggeri – ma questo tipo di Fotografi dovrà tenere da conto anche il fatto della qualità d’immagine: cercando l’assoluto si finisce per salire di formato, da Full Frame a Medio Formato, e allora si torna a caricare schiena e ginocchia di nuovo peso.

Non esiste, insomma, un elenco univoco di caratteristiche che possa descrivere con esattezza cosa sia un corpo macchina “professionale”. Esiste l’attrezzo utile al dato progetto da realizzare, questo sì, lo si può dire.

Non è, comunque, ascoltando unicamente le recensioni on line che un professionista dovrebbe scegliere un corpo macchina o un brand rispetto a un altro. Esiste il mezzo, a loro totale disposizione, del noleggio, anche a lungo termine.

Kobu Agency on unsplash.com

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Conclusioni

Liberati dal discorso sulla “professionalità” concludiamo con tutti gli altri papabili acquirenti di un tipo di macchina fotografica rispetto a un’altra. Qui i motivi per fare una scelta rispetto a un’altra possono essere i più diversi, e non tutti esattamente razionali.

Si sa, oltretutto, che a volte ci si sente bloccati con la propria creatività e si avverte la tentazione di acquistare “quella macchina nuova che mi farà fare foto migliori”.

Oso dire umilmente che in questi casi la risposta più saggia potrebbe essere non l’acquisto dell’ultima fantastica novità di un brand o un altro, ma andare a vedere un po’ di mostre, investire in libri fotografici, seguire workshop e, nel caso tutto questo non bastasse, prendetevi una Holga, o una qualsiasi altra macchina a pellicola, con pochi comandi, tutta di plastica, magari anche la lente, con un autofocus… inesistente!

Potrebbe essere proprio questo quello che vi serve. Pensateci.

E questo, per l’argomento, è quanto. Spero di essere stato capace di spargere un minimo di luce in questo confuso quadro di tanto marketing e poca sostanza tecnica.


Alla prossima!





Ad Majora!