All’inizio:
Io. Vediamo se funziona il trigger? Ho avuto problemi in passato con flash tempo fa.
Monto, controllo, va.
Davanti al primo set con strobi. Comincio a fare i primi scatti.
‘Mazza come sono piatte ste foto!’ Mi dico controllando i primi scatti dallo schermo posteriore della mia K3ii. Aspè, com’è che si cambia la potenza dei flash?
Mi viene spiegato. Do una differenza di alcuni stop fra i due strobi posizionati in uno schema a farfalla.
‘Ah, adesso cominciamo a ragionare’.
In medias res:
‘Senti va, spegnamone uno e uso solo l’altro’.
Sì, cara, proviamo questa posa e io… vediamo, uh cos’è quella, una scala?
Eh, sì. Mi conferma Alessio, sempre presente ad aiutare quando c’è bisogno.
Fico, voglio provarla!
Rivolto alla modella: Allora dov’eravamo rimast… ooops, vediamo di non cascare di testa da questo trabiccolo.
Bella così, ora su il mento e guarda in distanza.
Alla fine dello shooting:
Davanti a uno dei finestroni con vetro zigrinato e rivolto alla modella:
Ora proviamo a usare la Luce Naturale, userò questo vecchio Konica 40 1.8, che a tutta apertura fa effetto Soft Focus, la qual cosa complica la messa a fuoco, ma il risultato… uh!
Così, stupenda! Guarda verso la luce. La spalla tienila rilassata, giù. Potresti abbassare la spallina?
Ancora un poco… ancora un poco… ecco, fatta!
Avvicinandomi a lei tenendo la macchina fotografica con lo schermo rivolto alla modella.
Visto che bell’effetto? Non sembra male, vero?
Conclusioni
Ed ecco quanto. Oltre all’esperienza di questo particolare shooting, al divertimento e al piacere che ho provato usando spazi e attrezzature come un grande centro di ricerche d’immagini personale, esperienza che sicuramente non posso non definire come positiva[4], vale qui la mia idea per cui: almeno nel settore del Ritratto (nelle sue varie fattispecie preso), il fattore tecnico, la spinta verso l’assoluta qualità d’immagine, viene dopo l’inventiva e la ricerca di un proprio stile, unico, di scatto. E miglia su miglia dopo la capacità di raccontare storie per immagini.
Vedete, potete sicuramente trovare, essendo questa anche mia esperienza personale, quell’annuncio di lavoro da studio fotografico, che richiede come precondizione di accettazione al colloquio di lavoro, il possesso di un qualche costoso corpo macchina Full Frame, con ottiche e altra attrezzatura.
Non mancano, anzi, abbondano le torme di amatori ed entusiasti della Fotografia che non faranno altro che blaterare di Gamma Dinamica, Profondità di Campo, Assenza di Rumore agli Alti Iso, e altre tecnicalità.
Qui no,
qui si possono disegnare solo i profili delle modelle con un paio di luci, si possono usare filtri in vario modo rovinati, o anche “coltivare funghi” in un obiettivo (e usare quelli degli anni ’50, ’60, ’70, mettendo a fuoco in manuale, e usare attrezzi da cucina, e tutto quello che la mente umana può inventarsi), per creare storie dal look diverso dal solito, emozionanti, riconoscibili.
Hic sunt creatores.
Ad Majora!
[1] Flash da studio, mediamente più grandi e potenti di quelli detti “a slitta” e di più comune uso.
[2] Dicasi con questo neologismo, quello strano mese di freddo e pioggia continua.
[3] Abbreviazione universalmente nota per “Morti di Figa”, quel sostanzioso numero di fotografi, cioè, che presenziano ai modelsharing con l’unico intento di ammirare da vicino il corpo della modella.
[4] E di cui avrò modo di parlare più approfonditamente quando verrà il momento di mostrare la selezione, editata, degli scatti realizzati quel giorno a Sofia (@spicyroller_sg) e a Jelly (@jelly_suicide_).