Gear talk – Il processo di scelta dei nuovi obiettivi del mio corredo fotografico

Benvenute e benvenuti in questo nuovo episodio in cui parlo di attrezzatura fotografica.

In questa domenica di metà maggio del pandemico 2020, in cui la nazione si prepara a riaprire gran parte delle attività commerciali e degli studi professionali (inclusi, immagino e spero, quelli fotografici) vi presenterò il mio arrovellato processo di scelta per i prossimi obiettivi che comporranno il mio corredo fotografico Full Frame – sperando di non incorrere nella G.A.S.

Gattone fra i cuscini in bassa luce; ph: Francesco Coppola

Gattone fra i cuscini in bassa luce; ph: Francesco Coppola

La situazione attuale

Ciò perché, nel caso vi foste persa la precedente puntata in cui ne ho riferito, ho fatto il passaggio a un corpo macchina Full Frame (FF d’ora in poi) vendendo i due corpi macchina apsc che avevo utilizzato dal 2016 per i corsi e la creazione (ancora in fase di post produzione) del mio primo Portfolio di Ritratto.

Vendendo i corpi macchina ho anche dato via le due ottiche moderne che possedevo: il 35mm f 2.4 AL e il Pentax HD 70mm f 2.4 Limited. Questo per accumulare risorse per il nuovo parco ottiche, adatto al nuovo corso a Pieno Formato.

Rosa pixel shift; ph: Francesco Coppola

Rosa pixel shift; ph: Francesco Coppola

Il cammino già fatto suggerisce i prossimi passi da seguire

Per buona parte di altri tipi di fotografia, rispetto al mio, potrei decidere di dotarmi solo di un paio di zoom. Il solito 24-70mm f 2,8 * e, per contenere i costi, il 70-210mm f 4. Questa però sarebbe una scelta adatta a un fotografo di matrimoni ed eventi, cosa che io – fermamente – non sono.

Tendendo al Ritratto creativo e in Luce Naturale. Mirando a esplorare tutte le doti della Luce del sole e ambientale, necessito di luminosità. Sono passato, inoltre, a un sensore più grande non per seguire il sentito dire o capriccio, ma proprio perché sia che debba fotografare al chiuso o all’aperto, vuoi per un Editorial o un possibile futuro Assignment, voglio avere a disposizione ogni opzione espressiva, di separazione dei piani, e di scatto in poca Luce, che posso. Il rispetto del formato di immagine, poi, è più importante della comodità e velocità del passaggio da una lunghezza focale a un’altra.

So che un 35mm offre un dato tipo di look, e di narrativa, differente da un 50mm e un 85mm. Non rinuncerei, per nulla al mondo, alla chiarezza che mi offre l’essere consapevole di quale scena offre l’ottica che monto. Oltre al fatto che un obiettivo a lunghezza focale fissa ha sempre una qualità d’immagine complessivamente superiore a uno zoom.

Per non dimenticare che uno zoom come un 24-70mm è un mulo da lavoro per la gran massa dei fotografi. La Fotografia di Ritratto, però, impone (scusate se mi ripeto) di distinguersi dalla massa, di avviare una propria ricerca sulla Luce e su quel che può fare – insieme alle Ombre – alle forme, le trame, i colori, l’atmosfera e i sentimenti che una buona immagine deve evocare.

Per questo, ho sempre usato – anche su apsc – ottiche a focale fissa.

Al fine di cominciare a valutare quale pezzo pregiato acquistare, con le ben limitate risorse a mia disposizione, non ho fatto altro che controllare quali ottiche fisse ho usato più di frequente con la vecchia attrezzatura, convertendo le lunghezze focali al loro equivalente FF.

Pixel Shift Rose, BW; ph: Francesco Coppola

Pixel Shift Rose, BW; ph: Francesco Coppola

La strada verso il Pentax HD D-FA 50mm f 1.4 * AW

Ne è saltato fuori che la gran parte delle mie storie fotografiche le ho raccontate a 50mm, seguite da quelle scattate a 75mm (abbastanza vicino in termini FF all’85mm) e poco meno sono i ritratti ambientati eseguiti a 35mm. Solo in quinta posizione è il numero dei ritratti che ho preso a 105mm – per quanto a questa distanza focale ho realizzato il mio scatto più apprezzato a livello internazionale.

Tenendo conto che continuo a disporre solo di quel budget mensile che mi passa la famiglia, oltre che dei soldi ricavati dalla vendita della mia vecchia attrezzatura e che mi sono già dotato del 100mm f 2.8 Macro, mi resta un solo colpo (calcolando bene i tempi di acquisto, visto le spese fisse a cui devo far fronte) per acquistare un obiettivo di alta qualità fra quelli offerti dal mio marchio di riferimento per l’attrezzatura fotografica.

Come sopra detto, in passato ho utilizzato principalmente una lunghezza focale paragonabile a un 50mm. Sembrerebbe una scelta logica, puntare sul 50mm f 1.4 *

Però, Pentax produce e vende anche un 50mm f 1.4 autofocus, il quale costa un terzo del nuovo *, e nei giorni scorsi è stato annunciato, in uscita per fine anno, un nuovissimo 85mm f 1.4 * che promette di essere davvero speciale. Non esiste niente altro, inoltre, a 85mm in casa Pentax, a meno di non prendere il vecchio FA* 85mm f 1.4 uscito nel 1992 – un’ottica apprezzata dai professionisti, ma prona al flare e alle aberrazioni cromatiche, soprattutto se si scatta in Luce Naturale. Oppure potrei considerare il 77mm f 1.8 Limited, il cui prezzo nel mercato di seconda mano, potrebbe/dovrebbe scendere una volta che la nuova ottica 85mm * sarà disponibile sugli scaffali. Solo un anno fa i prezzi su E-Bay del così detto “Meraviglioso” 77mm Limited superavano i 1000 euro, mentre oggi sono ampiamente sotto, fra i 650 e gli 850. In fine anno dovrebbero scendere ulteriormente.

Proprio perché ho un solo colpo da sparare, forse avrebbe più senso dotarmi durante il prossimo mese di giugno dei 35mm f 2 e del più vecchio 50mm f 1.4, e aspettare che l’85mm * esca per acquistarlo.

Un altro aspetto, poi, da considerare quando ci si dota di un parco ottiche con cui spingere avanti la propria carriera fotografica, è anche la percezione che ne hanno i possibili clienti. I nuovi obiettivi di classe * Pentax, già dal look, impongono rispetto e un 85mm f 1.4 * può portare lavori più di un 50mm *. Ciò perché mentre il 50mm è un’ottica tuttofare, l’85mm (con il 105 e il 135mm) sono le lunghezze focali classicamente più da ritratto.

(Mi piacerebbe, tanto, che Pentax se ne uscisse a breve con un nuovo 135mm f 2 o 1.8 *, sarebbe un’ottica pazzesca, i lavori che attirerebbe quella, uh! Vabbè, sogna, fotografo, sogna).

Proprio perché ho avuto maestri fotografi del calibro di un Efrem Raimondi, però, so che nel Ritratto non è affatto detto che l’ottica più lunga sia preferibile. Scattare fra i 35mm e i 50mm, offre dei vantaggi: si lavora più vicino e con maggiore efficacia con la modella, la separazione dei piani è migliore. Dopotutto tutte le lunghezze focali da 85mm e superiori sono, nel generale consenso, destinate al Ritratto da mezzo busto a quello del volto, se si volesse scattare una figura intera la distanza aumenterebbe.

L’influenza sulla decisione della situazione sanitaria generale e personale.

Va anche detto che, ora come ora, non ci sarebbe alcuna fretta di fare acquisti. Questo, sia perché siamo solo agli inizi di una “Fase 2” che – già fra luglio e agosto, se non in autunno – potrebbero scaraventarci in una nuova fase di chiusura generalizzata, sia perché fintanto che non mi tolgono la colecisti calcolotica che ho, non posso permettermi di organizzare shooting troppo impegnativi. Non posso impegnare il tempo di una modella professionista, la disponibilità oraria di uno studio, col rischio di dover disdire all’ultimo momento, cosa che già mi è capitata (purtroppo) lo scorso gennaio.

Vero è anche, che un qualsiasi obiettivo fotografico, necessita di tempo per saperlo utilizzare al meglio. In primis, ottiche a f 1.4 sarebbe bene tararle (e sulla K1 c’è la funzione apposita) nell’autofocus, sia perché l’occhio fotografico personale deve calarsi nel tipo di look che da la data ottica. Il periodo di incertezza e pericolo che stiamo per cominciare a vivere, quindi, andrebbe bene per, intanto, cominciare a prendere le misure del 50mm *.

Magari potrei organizzare una sessione di scatti con una nuova modella che sta facendo esperienza, di modo che io possa fare quella necessaria pratica, con appuntamenti che – nel peggiore dei casi – posso venire rinviati senza problemi, nel caso dovessi avere nuovamente attacchi di coliche.

Superluna maggio 2020 BN; ph: Francesco Coppola

Superluna maggio 2020 BN; ph: Francesco Coppola

Conclusioni.

Come potete vedere, la mia mente ondivaga fra due soluzioni, visto che – per quanto bello e auspicabile sia – non credo proprio che questo 2020 (e anche sino a inizio 2021), mi potrò permettere di dotarmi sia del 50mm f 1.4 * e del prossimo venturo 85mm f 1.4 * (dovendo acquistare anche il 35mm f 2, ed essendo questo l’anno della revisione della mia automobile, per non dire del bollo auto va comunque pagato, e tutte le altre voci di spesa fissa che mi servono per comunicare, tenere attivo il mio sito fotografico, eccetera).

Però – magia della scrittura – mentre scrivevo questo pezzo, la mia mente si sente più confortevole alla prospettiva di avere un parco ottiche definitivo che va dall’HD 35mm f 2, al 50mm f 1.4 *, al 77mm f 1.8 Limited, col 100mm f 2.8 Macro già in mio possesso, che non l’alternativa dell’HD 35mm f 2, il vecchio 50mm f 1.4 (non *) e l’85mm f 1.4 * col 100mm macro sopra citato.


Quindi è deciso, sostanzialmente. Spero una volta per tutte: in vista del mio compleanno che cade il mese prossimo, farò questo investimento e ordinerò da un negozio fisico italiano il Pentax HD D-FA 50mm f 1.4* AW.


Sperando di non averi annoiato con queste mie elucubrazioni,

e ringraziandovi di cuore se siete arrivati a leggere sino a questa conclusione,

vi saluto e vi invito alle prossime condivisioni di immagini dai miei shooting.


Alla prossima, quindi e

Ad Majora!


















Sugli obiettivi fotografici 0 (Panoramiche #12)

Premessa

Comincio, in questa dodicesima edizione delle mie panoramiche, a parlare di un importante elemento del corredo fotografico di qualsiasi fotografo: gli obiettivi.

Jupiter 9 BW: ph: Francesco Coppola

Jupiter 9 BW: ph: Francesco Coppola

Molti possono arrivare a immaginare quanto essi siano importanti. In combinazione col corpo macchina, questi attrezzi sono responsabili di buona parte della qualità d’immagine che verrà registrata nei file prodotti dalla macchina fotografica. Di obiettivi fotografici, oltretutto, se ne producono dal XIX secolo, periodo in cui iniziava l’epica ascesa della Fotografia con i dagherrotipi all’inizio, le esposizioni molto lunghe, le pose infinite e la contesa con la Pittura.

Alla Storia della produzione di obiettivi fotografici mi dedicherò in un successivo post, ora, a discorso appena aperto è bene che cominci più in generale a introdurre l’argomento e a chiarire qualcosa.

Cominciando da questo: quali sono le caratteristiche che rendono migliore un obiettivo rispetto a un altro?

I componenti della Resa d’Immagine di un obiettivo fotografico

A bunch of my lenses BW; ph: Francesco Coppola

A bunch of my lenses BW; ph: Francesco Coppola

Ciò che definisce classicamente le qualità degli obiettivi, di qualsiasi uso, lunghezza focale, zoom oppure ottica fissa, sono: la Nitidezza[1], composta a sua volta da elementi misurabili come Risolvenza, l’Acutanza e il Contrasto; la Resa dei Colori[2]; La Resa dello Sfocato[3]; il Microcontrasto[4] e la Tridimensionalità dei soggetti fotografati[5].

In era più recente sono arrivate altre qualità da tenere in conto e che una volta non esistevano: l’autofocus, per cominciare. La stabilizzazione degli obiettivi è un’altra novità, ma ancora più di recente sono venuti a disposizione dei fotografi anche i sensori stabilizzati. Inoltre, può essere un attributo fondamentale la resistenza a pioggia e polveri[6].

Poi ci sono i difetti degli obiettivi, più o meno presenti e risolvibili nei programmi di post produzione, ma anche eventualmente sfruttabili nella Fotografia creativa, quali: la Distorsione degli obiettivi[7], l’ammontare della vignettatura, Aberrazioni Cromatiche[8], Diffrazione[9] e Aloni su parti o intera immagine (Ghosting).

Vecchia filosofia progettuale degli obiettivi contro la nuova e computerizzata

Old Optics by Alasdair Elmes on unsplash.com

Old Optics by Alasdair Elmes on unsplash.com

Se si parlasse con il solito entusiasta, fan di brand di maggior grido, oggi cosa rende un obiettivo migliore di un altro, sicuramente affermerebbe che la Nitidezza è la più importante, da avere non solo al centro ma anche ai bordi, e sin da tutta apertura – possibilmente. Questo unito all’assenza, possibile o comunque auspicabile, di ogni difetto di distorsioni, diffrazioni o altro.

Persone più avvedute e più professionali, magari, risponderebbero che il giudizio su ogni obiettivo dipende dall’utilizzo che se ne deve fare. Una cosa, infatti, è misurare le qualità di un’ottica se si deve riprodurre in immagine una realtà[10], altra cosa se si deve rendere in immagine un’idea, uno stato d’animo o un sogno[11].

Da questo punto di vista, quindi, bene: se devo scegliere un obiettivo utile a riprendere i giocatori di una squadra di basket che gioca una partita in un palazzetto dello sport in notturna, mi orienterò possibilmente per un buono zoom, un 70-200mm, di cui è mio interesse che sia risolvente (o “affilato”) e abbia un autofocus efficiente (perché la paga del servizio dipende dal numero di scatti in focus che porto a casa e consegno) e che sia sufficientemente luminoso – che abbia quindi un diaframma massimo abbastanza aperto (o “veloce”), almeno f 2.8 se scatto con una macchina a Pieno Formato.

In compiti come quello, probabilmente, sì, mi affiderei alle sirene della “Moderna Ingegneria degli Obiettivi”. Pazienza se il risultato finale sarà mediamente “piatto”.

Se il mio compito è invece quello di ritrarre una o più modelle, che vestono un dato capo d’abito di un marchio, il cui direttore artistico mi richiede di esprimere in immagini la “voce” (il Look and Feel) del brand, beh, a parte l’ovvia difformità di richieste che possono arrivare da clienti diversi e di diverso settore merceologico, ma è probabile che se la richiesta è “naturalezza”, “sogno”, “romanticismo” (tanto per fare un’ipotesi all’impronta) scattare in Luce Naturale con qualche vecchia lente vintage, con focus manuale, che però mi permette di esibire uno sfocato di altri tempi, e un soggetto che sembra uscire fuori dallo schermo e ancora di più dall’immagine stampata, beh, diviene altamente preferibile.

Certo è, che oggigiorno non si producono obiettivi fotografici come si faceva una volta e questo comporta vantaggi e svantaggi per ambo le scelte.

A causa dell’introduzione dei computer nella progettazione delle ottiche e del desiderio di accontentare un pubblico generalista che tende a vedere i difetti in modo unidimensionale, si è andati verso una progressiva eliminazione dei vari difetti dell’immagine, questo con l’aggiunta di vetri speciali, di un design più complesso comportante maggiori complessità degli schemi ottici, maggiori dimensioni e peso degli obiettivi. Per non parlare dei costi di produzione e del prezzo finale. Non solo, però, questo sforzo progettuale ha aumentato la Nitidezza in tutto il frame ed attenuato – se non del tutto eliminato – problemi di distorsioni, vignettatura e color-fringing, il punto è che così gli obiettivi perdono in tridimensionalità, resa dei colori e personalità.

Se apparentemente l’attuale filosofia costruttiva degli obiettivi predilige la complessità, ai tempi della Fotografia Analogica, la direzione costruttiva per gli obiettivi preferiva la semplicità. Si riteneva, non senza ragioni, che più lenti si aggiungono a uno schema ottico, più problemi da risolvere questo comporta e ciò perché sempre, anche oggi, la costruzione di obiettivi è sempre un compromesso fra pregi e problemi che le varie possibili soluzioni tecniche offrono.

Sleeping Feline Beauty; ph: Francesco Coppola

Sleeping Feline Beauty; ph: Francesco Coppola

Fra le vecchie lenti, infatti, ve ne sono alcune che con tutti i loro difetti possibili, possono dare un caratteristico look, e ricordare un’intera epoca di produzione fotografica, o avere effetti per riprodurre i quali, sulle nuove, pesantissime, costose, lenti moderne alcuni fotografi professionisti sono obbligati a mettere davanti vari filtri, più o meno autoprodotti o acquistati, per andare alla ricerca di quelle caratteristiche che un obiettivo vintage da, magari, 40 euro[12] darebbe loro naturalmente e senza alcun intervento di filtro in fase di scatto, o in post produzione.

Attenzione quindi, a scartare a priori i vecchi obiettivi vintage. Attenzione a farvi sedurre dalle avveniristiche proprietà degli obiettivi più recenti. Potreste scoprire che avreste fatto meglio a spendere meno di 100 euro in una vecchia ottica degli anni ’60 o ‘70, mantenere viva la vostra capacità di focheggiare in manuale, ottenendo così risultati migliori e più in fretta che sborsando 1500 euro su quel 50mm f.1,4 di quel brand là, o di quell’altro.

Se alla fine della vostra elaborazione delle foto a pc, voglio dire, finite per aggiungere un poco di vignettatura, l’assenza totale di questa dubbio “difetto” nel vostro modernissimo 35mm f 1,4 a tutta apertura – perché riconoscete, almeno a livello subliminale che la vignettatura aiuta a rendere il soggetto più tridimensionale – non converrà forse prendere un adattatore e un vecchio Voigtlander prodotto negli anni 50?

Naturalmente, per il qui scrivente, fate bene a utilizzare quello che volete come obiettivi, anche roba con una ‘Art’ scritta sull’obiettivo, o i più recenti gioiellini di casa Canon, Nikon, Sony, Fuji, eccetera.

Io, da ritrattista che spera di entrare nel mondo della Fotografia di Moda, mi tengo stretto i miei Konica, Jupiter, Tessar, Minolta o Super Takumar.

Tessar Jena in action; ph Francesco Coppola

Tessar Jena in action; ph Francesco Coppola

E questo è quanto per questa prima e introduttiva trattazione sugli obiettivi fotografici, vi rimando alla prossima settimana per un primo approfondimento sull’argomento.

A presto e

Ad Majora!












































































































































[1] Si tratta di un fattore che non comprende solo elementi misurabili, ma anche apparenti e psicologici. Fra quelli misurabili la Risolvenza è la presenza, riscontrabile a occhio nudo, di dettagli molto fini e vicini tra loro; l’Acutanza è l’indice della rapidità con cui avviene la variazione di densità tra un elemento e l'altro dell'immagine, mentre il Contrasto, indica il grado di differenza di questa densità nelle zone di acutanza simile.

[2] In inglese (lingua dominante in questo mondo) detta “Color Rendition”. Quindi non sono solo i sensori dei corpi macchina a dare una certa resa dei colori, ma anche gli obiettivi con cui si scatta.

[3] Spesso indicato con la parola giapponese “Bokeh” ed erroneamente intesa unicamente come i punti di luce resi più o meno come grosse sfere o più allungate come occhi di gatto, quando appunto sta per l’intera area non a fuoco del frame.

[4] Al contrario del Contrasto, che riguarda la differenza fra zone in luce e zone in ombra nell’intera immagine, questo attributo riguarda il contrasto percepibile nei dettagli fini.

[5] Detto in inglese anche “3d Pop”, ed è stato il santo Graal della Fotografia sia dai suoi esordi, per l’ovvio motivo che si fotografano certamente soggetti tridimensionali che però vengono impressi su un supporto bidimensionale (il lato sensibile di una pellicola, o l’insieme di elettrodi che coprono un sensore). Ora andato quasi perduto con la moderna ingegneria computerizzata delle ottiche, viene reso da un mix fra aree a fuoco e zone sfocate, il contrasto vi entra oltre alla direzionalità della Luce.

[6] Viene detta, sulle lenti, WR o Weather Resistance e, appunto, non riguarda solo la resistenza a spruzzi d’acqua o a pioggia anche intensa, ma anche la resistenza alle polveri. Ovviamente WR non equivale a “subacqueo”. Immergere in acqua un corpo macchina – per quanto Weather Resistant – e la sua lente WR non è mai una buona idea.

[7] Le distorsioni prospettiche più conosciute sono quelle “a barilotto”, tipica degli obiettivi grandangolari, e quella “a cuscino”, tipica dei teleobiettivi.

[8] Come quegli aloni colorati di verde e di viola ai bordi di aree ad alto contrasto e vengono chiamate, nello specifico Color Fringing.

[9] Questo elemento è una caratteristica presente in ogni obiettivo e si manifesta come una morbidezza dell’immagine (perdita di contrasto, micro contrasto e nitidezza in generale) che sopravviene ai diaframmi più chiusi. Un elemento, fra l’altro, più riscontrabile negli obiettivi montati su macchine dal sensore più piccolo del Pieno Formato.

[10] Come per esempio: una partita di sport, un edificio nel suo esterno o interno, il Paesaggio e varia vita che lo abita, i prodotti commerciali da riprodurre il più possibile fedelmente.

[11] un’astrazione dalla realtà da riprodurre in grande formato per un’esposizione di Fine Art, ogni elemento del paesaggio urbano o naturale che si vuole rendere con una nota personale, artistica; il ritratto ovviamente, e il nudo, che non sono ovviamente la mera trasposizione delle qualità estetiche del soggetto, ma il soggetto e quello che indossa o meno, sono i veicoli del messaggio emotivo da trasmettere in immagine.

[12] A cui aggiungere meno di venti di adattatore e quasi altrettanto di eventuali spese di spedizione.

Scegliere un pc portatile per la post-produzione fotografica con pochi soldi (Panoramiche #5)

In previsione di un prossimo workshop fotografico di due giorni, ho deciso di dotarmi di un computer portatile da affiancare alla mia vecchia e fidata workstation di casa. Vivendo in perenni ristrettezze economiche, però, mi sono dovuto preoccupare di cercare un laptop capace di lavorare con la suite per fotografi Adobe, che mi costasse meno mille euro, ma anche meno: qualcosa sugli 800. Va detto anche che, non fosse stato per il considerevole aiuto fornitomi da un mio carissimo amico, nemmeno tanto sarei riuscito a spendere.

My new laptop; ph: Francesco Coppola

My new laptop; ph: Francesco Coppola

In ogni caso, con quel limitato budget mi sono inoltrato in un esame di filiera approfondito per trarne le notizie necessarie a fare la mia scelta. Questo scremando idee su cosa serva e su quali macchine puntare, le quali non sono più al passo con l’attuale tecnologia dei programmi di sviluppo fotografico.

Ovviamente il tipo di macchina da acquistare dipende anche dal tipo di fotografia che si pratica. Rimane tuttavia vero che oramai un po’ tutti i generi fotografici necessitano di potenza di calcolo, con tutti i filtri, le anteprime immagine che vanno aggiornate in tempo reale, o le fusioni di più foto o ancora il semplice uso dell’oramai maturo sistema di “content aware” di Photoshop. Inoltre, molti programmi di fotoritocco stanno introducendo strumenti basati su intelligenza artificiale. Tutte queste novità richiedono non solo alte frequenze dei processori, ma anche l’utilizzo di più core e più thread. Passato è il periodo in cui Photoshop sfruttava solo uno o due core, e non parliamo di Lightroom, che è un database pesante da gestire.

Eight generation Force; ph: Francesco Coppola

Eight generation Force; ph: Francesco Coppola

Questo mi obbligava a cercare un prodotto recente, in quanto Intel è passata a produrre stabilmente processori a quattro core solo dall’ottava generazione, che per i dispositivi mobili è una delle più recenti (vi sarebbero anche la nona e forse pure la decima? Ma solo per processori destinati ai desktop)

La quantità di RAM (minimo 8 GB, idealmente 16) e la presenza di una scheda grafica dedicata, per quanto basica, sono un altro punto che ho dovuto tenere a mente.

Quello che, però, ho trovato in giro è la sufficienza con cui si tratta un elemento che ogni fotografo serio sa essere fondamentale: lo schermo. Sono però rimasto basito quando ho trovato moltissimi suggerimenti ad affidarmi a portatili per gaming e ho poi analizzato questo tipo di prodotto. Vero è che chi fa questo suggerimento si riferisce più al rendering video, che non alla Fotografia, ma non mi capacito comunque come si possa trascurare le qualità di fedeltà colore e calibrazione dello schermo per chi lavora nel campo dell’immagine. Infatti, quando si ha poco da spendere i produttori devono fare delle scelte e decidere su cosa risparmiare.

Tutti i laptop, di qualsiasi fascia di prezzo, sono dei compromessi: quando si valutano laptop da gaming (consigliati da molti), bisogna rendersi conto che se nelle varie macchine in commercio sono presenti processori recenti e potenti, 16 gb di RAM e una scheda grafica di medio livello, da qualche altra parte toccherà accontentarsi e lo schermo in simili sistemi è spesso l’elemento che viene sacrificato.

Invece bisogna scegliere portatili che abbiano uno schermo di tipo IPS, calibrabile, con un buon contrasto e luminosità, ma soprattutto con una copertura della gamma del colore in sRGB al 100% o quanto più vicina possibile – almeno al 95%!

Un’altra caratteristica importante per un laptop da foto-editing è la presenza di almeno un SSD, quell’unità di archiviazione più recente e veloce rispetto ai vecchi Hard Disk meccanici, di modo da installarvi sopra oltre al Sistema Operativo, anche Photoshop e Lightroom. Questo farà in modo che l’avvio del computer e dei programmi sia il più veloce possibile.

Strategie di risparmio

Per risparmiare bisogna partire in primis dalle proprie concrete esigenze. Un conto è, infatti, dovere scegliere il proprio primo e unico computer, in tal caso certo non è consigliabile risparmiare troppo. Altra cosa, però, è doversi fornire di un portatile aggiuntivo, che permetta un editing preciso ma leggero in mobilità. In questo ultimo caso si può valutare un portatile che magari parta, sulla carta, sottopotenziato: con meno RAM (ma di generazione DDR4, però) e un SSD, magari non velocissimo, che però permetta l’upgrade in un secondo momento, di modo da dilazionare la spesa.

Un mese si prende il portatile, un altro mese si prende il banco RAM da 16gb DDR4 da aggiungere. Un altro mese ancora, magari, si potrà cambiare l’SSD. Se non ne se ne possiede uno, poi, bisogna acquistare anche un colorimetro per calibrare il monitor e farsi sé che tutti gli schermi a disposizione, ma anche le stampanti, mostrino esattamente gli stessi colori.

Si può, inoltre, acquistare direttamente dal sito internet del produttore. Così facendo si possono trovare spesso sconti, come è capitato nel mio caso.

Infine, forse avrei potuto trovare qualche buona occasione sui portali di e-commerce e/o sui siti dei produttori cinesi, ma non ho le capacità per valutare i prodotti su siti di e-commerce e dei produttori cinesi.

Cosa ho preso

Alla fine di tutte queste considerazioni e dopo aver valutato le offerte in lungo e in largo, ciclicamente, per un numero sufficiente di volte, la mia scelta è caduta su un Dell Inspiron da 15” di serie 7000, segnatamente il modello 7580.

My new editing laptop; ph: Francesco Coppola

My new editing laptop; ph: Francesco Coppola

Gli Inspiron sono l’alternativa economica per i portatili della linea di punta XPS, e si suddividono in ulteriori tre fasce, di prezzo, potenza e qualità dei materiali impiegati: la 3000, la 5000 e la 7000. Vi è anche una versione gaming degli Inspiron, indicata con la lettera G, che ovviamente non era di mio interesse.

Le caratteristiche del modello che mi hanno convinto sono:

Il processore Intel I5 di 8a generazione, quad core con velocità in turbo a 3,9 ghz

8 GB di RAM DDR4 a 2666 ghz, espandibile.

Un’unità SSD da 256 GB di tipo m2 NVMe, anche questa è sostituibile o espandibile.

La scheda grafica dedicata è la Nvidia MX 150 con 2 gb di RAM dedicata DDR 5

La presenza di un lettore di schede SD

Uno schermo IPS con un buon contrasto, luminosità accettabile e una copertura della gamma colore sRGB al 97%.

Max shell aperture; ph: Francesco Coppola

Max shell aperture; ph: Francesco Coppola

Quando mi è arrivato, poi, ho avuto la piacevole sorpresa di ritrovarmi per le mani un oggetto più piccolo del previsto (a quanto pare hanno montato un 15,6” in un telaio da 14) e tutto in alluminio, la qual cosa gli offre quel quid di aria premium in più, a cui avrei anche rinunciato ma che accolgo con piacere.

Alternative migliori

Per chi ha una maggiore capacità di spesa, magari lavora e ha una busta paga con cui permettersi una rateizzazione (a me preclusa dalla mia disoccupazione), la scelta è ampia. Eviterei – per forma mentis personale – giusto i marchi premium, che in questi anni purtroppo stanno privilegiando il design alla potenza e all’aggiornamento degli elementi interni.

SD card reader, Halleluyah! ph: Francesco Coppola

SD card reader, Halleluyah! ph: Francesco Coppola

Voglio dire, quando ti sparano cifre iperboliche per darti un vecchio processore dual core, 4gb di RAM e magari solo una scheda grafica integrata, mi interessa pochissimo dello stile e della qualità dei materiali della scocca. Poi, magari, come porte mettono a disposizione solo USB 3.1 o thunderbolt e costringono a comperare un lettore di schede SD esterno.

Bah! Vade retro!

Per il resto, sono diversi i marchi che possono offrire tutto l’occorrente. Sono sempre molto democratico con i marchi di tecnologia. Forniti principi di ricerca, ognuno sarà in grado di valutare e scegliere da sé.

Sperando di averti offerto informazioni utili, o lettore mio, ti saluto e ti rinvio alla prossima panoramica.

Ne vedremo delle belle!


Ad Majora!































Mitologia dell'Autofocus e utilità del Focus manuale (panoramiche #2)

Avviso:

In questo blog la Fotografia è considerata pari a un luogo, un territorio vasto, ma non sconfinato. Ne consegue che sia in fase di scatto che di sviluppo si può arrivare a ottenere risultati simili e apprezzabili applicando diverse tecniche, attrezzature e modi di vedere. La qual cosa comporta che in questo ambito affermazioni troppo assolute che iniziano per “non è mai” oppure, “devi sempre” sono come porte chiuse, magari ben piantate a terra, ma senza muri intorno e quindi facilmente aggirabili.

Photo by Xuan Nguyen @darthxuan on unsplash.com

Photo by Xuan Nguyen @darthxuan on unsplash.com

 Alla luce di quanto sopra detto segue l’argomento trattato oggi: l’AF (Autofocus), uno dei più grandi mezzi di marketing applicati dai vari marchi di attrezzatura fotografica. Si vantano trilioni di punti di Messa a Fuoco, disposti lungo l’intero area d’immagine e magari anche oltre, con 3D Tracking, Multi Pixel, e sensibilità alla luce da almeno -10 EV. Ah, e poi naturalmente per l’efficacia dell’AF viene anche declamato quanto è migliore un obiettivo rispetto a un altro, con ovvia prevalenza sui “bianconi”, ossia quei teleobiettivi professionali (quelli della Canon hanno colore bianco, di lì il nomignolo) dal costo elevato.

Il tutto: caratteristiche vantate, recensioni e videorecensioni, ma anche le “guerre di religione” fra i fanboys dei diversi brand, serve solo a un fatto: vendere l’attrezzatura più costosa possibile. Una specie di Apple stile applicato alla Fotografia.

Photo by Jakob Owens @jakobowens1 on unsplash.com

Photo by Jakob Owens @jakobowens1 on unsplash.com

Si tratta di uno dei vari armamentari pubblicitari con cui irretire il mitico allocco con ampia capacità di spesa che si reca in negozio fotografico e ben poca cognizione di cosa sia la Fotografia, tranne una qualche desiderosa idea di “poterci fare tanti soldi”. Tali signori sono i beneamati clienti di quei negozi di Fotografia per cui, probabilmente, il qui scrivente non verrà mai chiamato a lavorarci, tale e tanta è presente qui l’attitudine alla vendita. Pazienza.

Cosa c’è di vero, però, sull’utilità di un formidabile e accurato Autofocus?

Se affermassi “nulla”, contraddirei la premessa del presente articolo, quindi starò cauto scrivendo: “qualcosa, ma nulla di troppo serio”.

Non fraintendetemi, però, per un professionista che ha una commessa pagata per fotografare un evento irripetibile, velocità e accuratezza di un comparto AF efficiente è importante. In altri generi, ugualmente professionali e paganti, della Fotografia e per chi è alle prime armi, però questa importanza è assai relativa.

Lasciate che vi racconti un piccolo aneddoto che mi è capitato.

The One Project @theoneproject on unsplash.com

The One Project @theoneproject on unsplash.com

Un paio di anni fa frequentando uno dei tre moduli di formazione sull’uso di Adobe Lightroom in una classe frontale a Milano. In pausa si faceva la classica conoscenza fra fotoamatori: con che macchina si fotografa, cosa piace fotografare, i progetti fatti e quelli in programma. Quando gli dissi che avevo in programma di fotografare un concerto della band rock di un amico, in uno spazio per concerti, con un vecchio 135mm degli anni ’70, il mio compagno di corso – inviatomi probabilmente dagli Dei della Luce e delle Ombre – mi disse la classica frase topica: “Ma non è possibile, non puoi mettere a fuoco efficacemente un soggetto in movimento con un obiettivo senza autofocus”.

La Fotografia, per chi la pratica, può fare tante cose. Dimostrare la realizzabilità dell’impossibile (o quel che tale viene percepito in qualche mente un poco ristretta) è la mia preferita. Perciò, al primo pomeriggio utile seguito a quel corso di cui sopra, mi recai al parco dell’Adda nord, in località Trezzo sull’Adda, e mi misi a documentare con la mia K3 e il Takumar 135mm f 2,5 (Bayonet), la vita di cigni e folaghe alla presa con la cova e l’espansività – a volte molesta – dei germani reali.  Da quel pomeriggio viene la seguente foto che decisi di intitolare proprio come questo formidabile fotoamatore aveva affermato: ‘Non si può mettere a fuoco efficacemente un soggetto in movimento veloce con una lente manuale’.

You can’t focus manually on fast mooving subjets, by Francesco Coppola

You can’t focus manually on fast mooving subjets, by Francesco Coppola

Esposto quanto sopra e volendo approfondire:

Le macchine fotografiche hanno cominciato ad avere la capacità di mettere a fuoco automaticamente in un tempo assai recente della Storia della Fotografia: del 1977 è il primo modello a montarlo, la prima reflex a usarlo fu la Pentax ME-F, del 1981, e non diventò uno strumento sufficientemente affidabile prima della seconda metà degli anni ‘80. Di Olimpiadi e competizioni sportive indoor; gruccioni, passeracei vari, se ne fotografavano anche prima. In manuale. Questo è un dato storico verificabile da chiunque sul web o in biblioteca. Cercatevi un po’ le foto che si facevano negli anni ’60 e ’70 alle competizioni sportive e all’avifauna. O anche nel reparto Moda. Sì perché questa aria di importanza che si da all’Autofocus oggigiorno tocca anche questo settore. Ci prova, almeno. Peccato che di scatti con movimento e svolti in velocità se ne facevano anche prima che l’AF diventasse veramente un argomento di discussione serio.

Photo by Zhen Hu @zhenhu2424 on unsplash.com

Photo by Zhen Hu @zhenhu2424 on unsplash.com

Detto ciò, sembrerebbe – sentendo parlare certi fanatici degli automatismi fotografici – che gli unici ambiti professionali paganti in Fotografia siano, sport e fotografia naturalistica all’avifauna (quella di taglio piccolo e sempre in movimento: gruccioni e colibrì), nonché a un ben dato tipo di Fotografia di Moda.

Vi posso assicurare, senza paura di venire smentito, che si fa fior di Fotografia professionale anche scattando edifici, arredamento di interni, fotografando prodotti con tecniche macro. Vi è, anche, chi nell’ambito della Fotografia di Moda scatta anche mosso, o fuori fuoco, o usa macchine di Largo Formato con tecniche di Light Painting, dove l’autofocus, signori… non esiste. Guardatevi i lavori del grande Paolo Roversi, tanto per fare un esempio, e rendetevi conto.

E quando avete una commissione pagata per coprire un concerto al chiuso e il vostro AF non funziona più tanto bene? E quando, di lavoro in lavoro, succede di urtare l’obiettivo o danneggiare la macchina (quando si lavora l’attrezzatura si può rompere sul più bello, è un dato di fatto), e la macchina e l’obiettivo funzionano, tranne che per il benedetto Autofocus? Il fotoamatore magari dovrà rinunciare alla commessa, il Fotografo invece scatterà focheggiando in manuale, portando comunque a casa la pagnotta – dimostrando oltretutto professionalità.

Photo by Olesya Yemets @ladymilkydeer on unsplash.com

Photo by Olesya Yemets @ladymilkydeer on unsplash.com

 Posso anche spaventarvi con questo argomento, siete pronti?

Quanto pensate durerà la disponibilità a pagare bene un qualsiasi fotografo, a livello mondiale, da parte dei committenti, quanto la “fotografia computazionale” e l’intelligenza artificiale che già hanno cominciato a far capolino anche in questo mondo, avanzerà oltre? Quando ci saranno strumenti elettronici e/o informatici capaci di fare tutto il lavoro con un solo click? Chi continuerà a venire ben pagato per il proprio lavoro: il Fotografo viziato dagli automatismi della propria attrezzatura, o il Fotografo che sa andare in manuale, che sa inventare soluzioni quando l’affidabilità della propria attrezzatura viene meno? Chi sa creare L’errore calcolato?

Quindi, a chiunque sia alle prime armi con la Fotografia dico: imparate a mettere a fuoco in manuale. Si faceva un tempo, lo faccio io nella mia pratica, lo potete imparare a fare anche voi. Non c’è modo migliore per imparare la fotografia che scattare in manuale.

E con questo amichevole consiglio dal vostro umile praticante di Fotografia, ti saluto – caro lettore – e ti rimando alla prossima, spassosa, diatriba dal luminoso mondo della Fotografia.