Per Aspera ad Astra!
Acquisti di pellicola e nuovi modelshoot
Ben ritrovate e ritrovati,
a tutti voi in questo aggiornamento sulle
novità riguardanti la mia attività
fotografica.
La modella che ho immortalato è
Francesca Tartari, giovane
ferrarese che ho avuto il gran
piacere di conoscere e
immortalare, sia a pellicola
che in digitale con la K 1 e il
50mm f 1.4 *.
Difficoltà sino al 9 febbraio
Questi scatti comincerete a
vederli più avanti in quanto,
notizia non proprio positiva che
non posso tacere, è che ho gli
occhiali da vista rotti e ho lo
appuntamento dall’oculista per
farmi una nuova prescrizione per
delle nuove lenti (saranno più di 7
anni, forse 8 o più, che non
controllo la mia vista) il
prossimo 9 febbraio.
Sono quindi costretto a
lavorare, in questo periodo, con
su vecchissimi occhiali risalenti -
probabilmente - a quando
lavoravo alla mia tesi di laurea,
verso il 2008-09 con i quali ho una
minore capacità di mettere a
fuoco e sviluppare si sviluppa,
ma con quale fatica!
Tenetene conto, lunedì prossimo,
quando vedrete i primi risultati
degli scatti in digitale.
Acquisti per un futuro modelshoot
Ho acquistato in negozio (visto
che i prezzi on line, mediamente,
sono quasi sempre più alti) un
paio di nuovi rullini per un
prossimo progetto, possibilmente,
il modelshoot con cui recuperare
il disastroso appuntamento che
ho avuto con l’ottima Lorih
Caradonna.
Proseguendo, comunque,
qualsiasi sia la modella e il
progetto con cui cercherò di
realizzarlo, ho deciso di
cominciare di esplorare i vari
stock di pellicola BN, di qui
arrivano i Rollei RPX 400 3
il Rollei Superpan 200.
A parte il fatto che Rollei, come
marchio non ha più nulla a che
fare con la casa produttrice
delle famosissime macchine
fotografiche Rolleiflex e che,
anzi, raccoglie più che altro
l’eredità della vecchia casa
produttrice di pellicole Agfa,
non so molto, anzi, il divertente
sarà andarsi a studiare le
caratteristiche dei due rullini
in vista del prossimo
modelshoot.
L’avrete capito, oramai, che
sperimentare e improvvisare
sono fra le cose che
preferisco mentre pianifico,
organizzo, realizzo e
postproduco Fotografia,
vero?
Restate, quindi, sintonizzati
su questo blog per le prime
immagini fra i ritratti di
Francesca Tartari e a presto!
Per Aspera ad Astra!
Naomi analogica, parte IV - finale
Ben ritrovate e ritrovati,
in questa quarta e ultima
condivisione del mio
modelshoot realizzato
al Showroom Õrodì in
quel di Limbiate (Mi) con
la model Naomi Momsen.
In questa ultima fase
del modelshoot, con l’ultimo
outfit di intimo indossato dalla
nostra ottima modella, ci siamo
recati in soffitta e abbiamo lì
sfruttato la Luce Naturale
fornita da un paio di opportuni
lucernai.
Questo per scatti che, nella
mia speranza, risultino i più
coinvolgenti e forti. Come
sempre faccio, però, lascio
a voi giudicare la qualità
dei risultati da noi così
raggiunti.
Arrivati a questo punto posso
dichiararmi personalmente
assai soddisfatto dei risultati
qui raggiunti in questi miei
primi esercizi di stile con la
Fotografia analogica: i timoriArrova
con cui avevo iniziato sono
oramai fugati e posso guardare
al futuro pianificando progetti
più impegnativi e più narrativi.
Come vedrete, però, quando
arriveremo a trattare il prossimo
progetto, questo confortevole
sentimento è stato prematuro ed
avrei ricevuto una bella lezione
al mio ego di qui a qualche
settimana.
Godiamoci perciòl’ultimo
ritratto alla ghiotta bellezza
di Naomi che ringrazio tanto
per quanto dato in questo
modelshoot, con professionalità
e apprezzato impegno.
Restate sintonizzati su queste
pagine per il prossimo bagno
di umiltà che mi troverò a
fare la prossima settimana.
Statemi Benone e
a presto!
Per Aspera ad Astra!
Naomi analogica, parte II
Bentornate e bentornati,
a questa seconda puntata della
condivisione dei miei ritratti a
pellicola realizzati con la stupenda
e brava model Naomi Momsen,
realizzati con una Pentax Spotmatic,
uno Zeiss Jena Tessar 50mm f 2.8
DDR e due rullini di Agfa Photo
APX 400 da 36 pose ciascuno.
Ritorniamo quindi nello
appartamento della cintura
settentrionale di Milano dove
ho realizzato questi scatti, dove
ho provato per la prima volta
questa nuova pellicola della
rinata Agfa Photo, alternativa
un po’ più economica delle
più famose Ilford HP5+ e
Kodak Trix.
Oltretutto ho provato a migliorare,
sia la mia tecnica di scansione, che
il mio workflow di sviluppo delle
scansioni, i quali elementi - credo e
spero - hanno dato risultati con
minore rumore, anche se non sono
certo che quello presente sia ora più
o meno accettabile.
Certo, questi scatti sono anche
migliori in quanto provengono a
una fase più avanzata del modelshoot
e quindi c’è già una maggiore
confidenza fra me e la l’ottima
Naomi, e anche questo credo si
possa notare.
Trovo che questa pellicola abbia
una buona latenza e quindi
permetta un buon recupero
delle ombre, senza troppi
sacrifici dal lato rumore e
per giornate non esattamente
luminose in cui si scatta in
interni è molto buona.
Tenete conto che siamo al
secondo modelshoot che
eseguo a pellicola, quindi
si tratta di un esercizio,
pertanto spero di aver fatto
un lavoro almeno decente e
mi farebbe piacere ricevere
i vostri pareri.
Vi convincono questi ritratti
o no?
Alla prossima settimana per
un nuovo appuntamento con
l’avvenenza e la bravura della
Momsen!
Statemi benissimo!
Per Aspera ad Astra!
PRIMI SCATTI A PELLICOLA CON JESSICA BIANCO, PARTE 3
Ben tornate e tornati in
queste pagine per il terzo
appuntamento con la
condivisione dei ritratti a
pellicola realizzati durante
il mio primo modelshoot
realizzato come esercitazione
per la Fotografia analogica,
con la model Jessica Bianco
al CityLife di Milano.
Come potete notare anche
voi in questo post, stavolta
i ritratti ricavati sono più
a fuoco e con una migliore
composizione.
Ciò perché, col tempo, mi sono
affidato via via più all’applicazione
da smartphone per calcolare
la giusta esposizione, più che
quanto facevo prima: provare
prima uno scatto usando lo
esposimetro della K1, poi un
altro con la misurazione
ottenuta dall’applicazione, poi
segnare sul taccuino quali
impostazioni ho usato e
scattare.
La Fotografia Ritrattistica richiede
di tenere conto di già così tante
variabili che proprio non ha
necessità di aggiungere altre
complicazioni. Quindi è solo
naturale che mentre semplificavo
il processo di produzione delle
immagini, migliori sono i
ritratti che ne ho ricavato.
E di soddisfazione finalmente
questi scatti me ne stanno dando
e molta, soprattutto il qui sopra
ritratto dell’ottima Jessica! Voi
non trovate che sia uno dei
migliori sino a ora condiviso?
E questo dell’esercitazione in
corso è, ritengo, il risultato più
importante e cioè: una volta
tolta ogni sovrastruttura e
allungamento inutile del
workflow riesco a fotografare
bene (per messa a fuoco ed
esposizione, almeno) così
come riesco a fare in digitale.
Un gran bel viatico per le
prossime puntate con la mia
Fotografia analogica.
Si avvicina, anche, il momento
in cui potrò effettuare lo
investimento per l’acquisto
della agognata Pentax 6x7 MLU
con cui partirà propriamente
la mia vera narrativa ad immagini
ruotante sulla Bellezza femminile
e naturale.
Stay tuned, quindi, che ne vedrete
come sempre promesso, delle
belle!
Per Aspera ad Astra!
Sviluppo digitale contro sviluppo analogico (Panoramiche #4)
Comincio qui una mia dissertazione personale in tre parti sul rapporto fra Fotografia analogica e Fotografia digitale. Le tre parti saranno: 1, che male vi ha fatto Photoshop?; 2, Jpeg vs RAW; 3, Il sofismo della “Color Science”.
Premessa
Con le recenti sessioni di scatto effettuate mi trovo attualmente alle prese con lo sviluppo di un bel numero di scatti. Inoltre, non è da molto che ho ultimato il secondo modulo del corso di Fotografia Analogica e ho passato alcune ore in camera oscura, alle prese con vari chimici, fissatori e compagnia cantante. Occasione perfetta per affrontare il discorso sviluppo foto in digitale e in camera oscura (o chimico).
Trovo l’argomento “sviluppo fotografico” divertente da trattare, perché avendo solcato i vasti mari della Fotografia amatoriale, ne ho visto in azione diverse delle sue tempeste di dogmatiche opinioni su vari aspetti di questa Arte. Naturalmente sullo sviluppo digitale e il suo programma più famoso, vale a dire Adobe Photoshop, s’è detto di tutto e il suo contrario.
1 - Che male ti ha mai fatto Photoshop?
Sia chiaro che esistono anche altri programmi di ritocco fotografico a computer. Ho utilizzato il nome di un prodotto ben specifico per indicare l’intero panorama non solo dei programmi per lo sviluppo fotografico digitale, ma anche l’attività stessa di usarli, così come è entrato nell’uso comune fra chi discute di questa attività. Fra l’altro Adobe Photoshop è più una piattaforma di elaborazione grafica, che un programma di solo sviluppo fotografico. La Grafica infatti è un campo molto più vasto e complesso - nella sua elaborazione a computer - rispetto allo sviluppo fotografico. Per intenderci: una volta, tanto tempo fa, fui assunto da un’azienda che produceva siti internet per aziende perché avevo messo fra le mie skill tecniche “uso Photoshop fotografico” e mi avevano messo a svolgere mansioni che richiedevano anche competenze grafiche. Furono i giorni peggiori della mia recente vita. Anche solo imparare a fare un logo letterale mi costò una nottata insonne, perso dietro a tutorial on line.
Premesso quanto sopra, c’è chi riduce tutto quel che si fa e si può fare a computer con le immagini, a quegli esempi di cattivo uso di High Dinamic Range (HDR), Contrasti sparati, Cieli assurdi con forti aloni intorno alle superfici confinanti col cielo nei paesaggi, occhi da alieno nei ritratti di modelle, lune gigantesche poste troppo vicino a montagne, e tutto il nutrito compendio di orrori che la “Fotografia Democratica” (vale a dire quella che la tecnologia ha reso accessibili a una massa di persone) ci ha sbattuto contro il muso. Davanti a tutto questo mal uso dei mezzi tecnici che il digitale mette a disposizione, certo, si tende a mitizzare l’era in cui si scattava a pellicola, anche perché allora la Fotografia era un’arte senza ombra di dubbio più elitaria. L’immagine fotografata circolava di meno e sapeva sicuramente meravigliare più facilmente di quanto non accada oggi.
Succede, però, che questo mito dei tempi passati faccia più di un passo oltre il confine del documentato e lecito e cominci a spararle grosse. Così grosse da travisare del tutto la realtà dei fatti.
C’è chi, infatti, da un manto di “sincerità”, “immediatezza” o “naturalezza” che, francamente parlando, la Fotografia non ha mai avuto. Forse, durante l’ubriacatura positivista del primo dopoguerra, l’occhio della macchina fotografica poteva anche essere scambiato per quello della “verità”. Gli anni ‘60, però, li abbiamo superati da un pezzo, suggerisco di crescere e ammodernarsi anche a chi crede a queste svenevolezze.
Nel caso vi stiate irritando col qui scrivente, abbiate la pazienza di attendere che vi mostri un paio di fattarelli, semplici, semplici, come a volte le cose legate alla Luce possono essere. Cominciamo a guardare questo articolo di una nota testata giornalistica, tanto per cominciare ad approcciare il fatto che il ritocco fotografico si è sempre fatto, è sempre stato tecnicamente possibile - sia in fase di sviluppo che anche dopo, sulla foto stessa. Pensiamo, inoltre, alle vecchie foto dei soldati di trincea della Prima Guerra Mondiale, quando si aggiungeva a china qualche tratto per contrastare di più occhi e altri lineamenti del volto, per poi andare alle falsificazioni dettate dagli uffici di propaganda politica, sino alla scoperta “scandalosa”, che certo fotogiornalismo (quella branca dell’Arte che più si è calata nel vanto del ritrarre il “vero”), anche di denuncia, penso per esempio al caso di Eugene W. Smith, il quale faceva posare i suoi soggetti per fotografie che non erano affatto istantanee provenienti dal tessuto sussultante di dolore di qualche, più o meno esotica, realtà.
Non dovessi avervi ancora convinto, non mi resta che citare lui: Ansel Adams, secondo qualche stordito un esempio di "Fotografia senza ritocchi” e perciò stesso “veritiera”. Costui che è il padre del fotoritocco, del Sistema a Zone e autore di diversi libri di tecnica fotografica, scrive a inizio del suo secondo volume – The Negative – le seguenti parole:
Per una stampa fotografica è impossibile replicare la gamma di luminosità della gran parte dei soggetti, e per questo le fotografie sono, in qualche misura, un’interpretazione del soggetto originario.
Gran parte della creatività nella fotografia sta nella gran varietà di scelte che un fotografo ha fra una rappresentazione quasi letterale del soggetto e una libera interpretazione che si allontana dalla realtà dello stesso. Il mio lavoro, per esempio, viene spesso definito “realistico”, quando in realtà la relazione fra i valori di luminanza nelle mie foto sono alquanto lontani dalla rappresentazione letterale dei soggetti.
Io uso numerosi strumenti fotografici per creare un’immagine che rappresenti ‘l’equivalente di ciò che ho visto e provato’, per parafrasare una frase che ho sentito molte volte pronunciare dal fotografo Alfred Stieglitz – il grande fotografo di inizio Novecento.
E ancora
Nella fotografia in Bianco e Nero registriamo un soggetto tridimensionale in (un’immagine) bidimensionale e in scala di grigi. Abbiamo una considerevole libertà per alterare i valori (di luminanza) attraverso il controllo dell’esposizione e lo sviluppo, l’utilizzo di filtri, e altro.
(The Negative – Ansel Adams, 1949. Traduzione mia dall’inglese)
Contrariamente da quanto creduto da certuni, quindi, postprodurre le foto è un’attività di lunga, nobile e professionale storia. Fondamentale è però imparare a farlo correttamente, di modo che allo sguardo di chi vede per la prima volta la fotografia il messaggio insito nella foto vada a stupirlo, senza venire prima frenato dalla constatazione che: “ah, questa è passata da Photoshop”, così come succede quotidianamente ovunque sul globo terracqueo ogni volta che si vede uno scatto pubblicitario rimanendone piacevolmente colpiti.
C’è, piuttosto da chiedersi: non è che tutta la teologica prurigine contro la post produzione non viene piuttosto da pigrizia, dalla mancanza di voglia di spendere tempo a elaborare scatti al computer?
Chiedo così, tanto per.
Questo è quanto ho per ora da dire in merito e ti rimando, lettore, alla prossima puntata di questa discussione che spero anche tu abbia trovato interessante e, chissà, magari divertente.
Ad Majora!